«Senta, la politica se non è morale non m’interessa. Io, se non è morale, non la considero nemmeno politica. La considero una parolaccia che non voglio pronunciare». E lui: «Ma caro Pertini! In politica, fare i morali è un’ingenuità!». E io: «Senta, mi dia pure del sentimentale o dell’ingenuo. Tanto non me ne offendo, per me anzi è un onore.
Ma non esiste una moralità pubblica e una moralità privata. La moralità è una sola, perbacco, e vale per tutte le manifestazioni della vita. E chi approfitta della politica per guadagnare poltrone o prebende non è un politico. È un affarista, un disonesto » Gli ho detto proprio così, cara Oriana, e aggiungo: se li esamina bene, questi che affermano in-politica-essere-onesti-è-un’ingenuità, scopre che sono disonesti anche nella vita privata. Ladri di portafogli. Oh, la politica io l’ho sempre vista come una missione da assolvere nell’interesse del popolo, al servizio di una fede. L’ho scelta come una fede, come un lavoro, nello stesso spirito dei preti che dicono «Sacerdos sum in aeternum». Lo capiva anche mia madre. Mia madre non condivideva le mie idee: era una cattolica, lei, una credente. Però era fiera di me e ripeteva: «Ah, se il mio Sandro fosse stato un soldato di Cristo, che bel soldato di Cristo sarebbe!». E aveva ragione. Perché io non avrei fatto il parroco o il cardinale. Avrei fatto il missionario, il...
...Sì. E posso dirlo in coscienza, Oriana. Io ho fatto una scelta da giovane e, se per un prodigio tornassi indietro, rifarei la stessa scelta. Perché era una scelta giusta. Vede, io di solito non vado ai ricevimenti. Preferisco stare con mia moglie, la sera, o leggermi un libro o recarmi a teatro. Ma a volte capita che debba andare ai ricevimenti e allora vedo quei professionisti ricchi e provo una tale pena per loro. Hanno conquistato il denaro, sì. Hanno conquistato il successo e il potere. Eppure sono frustrati perché si sono accorti di aver avuto una vita vuota. Non vorrei essere al posto loro quando viene l’ora dei lupi. Ingmar Bergman la chiama l’ora dei lupi, cioè l’ora antelucana, l’ora in cui ci troviamo soli anche se accanto c’è la compagna della nostra vita, e non possiamo mentire a noi stessi. La mia ora dei lupi è alle cinque del mattino, quando mi sveglio magari per riaddormentarmi, e nella penombra analizzo ciò che ho fatto il giorno prima. Ne esce un esame di coscienza che si allunga nel tempo, nel passato...
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